LECCE – Botta e risposta tra la Filctem Cgil e l’U.S. Lecce accusata dalla sigla sindacale di delocalizzare la produzione delle nuove maglie da gioco e dell’abbigliamento sportivo a marchio M908 in Cina. La società giallorossa ha risposto seccamente alla richiesta di rispettare la tradizione manifatturiera salentina e realizzare in futuro quei capi nel territorio della provincia di Lecce, mostrandosi possibilista se le condizioni saranno vantaggiose per tutte le componenti interessate.

Questa la replica del club salentino: “L’U.S. Lecce apprende, dopo tre anni di disinteresse salvo rarissime eccezioni, l’improvvisa disponibilità delle aziende manifatturiere del territorio a realizzare futuri progetti insieme. Sicuramente non mancheranno occasioni future per realizzare forme di collaborazione vantaggiose per tutte le componenti“.

Questo, invece, il comunicato a firma del segretario generale Franco Giancane della Filctem Cgil: Con un certo orgoglio, lo scorso 2 luglio l’Unione Sportiva Lecce ha lanciato il proprio marchio di abbigliamento sportivo. Dal prossimo anno infatti le maglie da gioco della società calcistica saranno autoprodotte, come ha ribadito il vicepresidente del sodalizio, Corrado Liguori. Un’iniziativa lodevole, se rispondesse ad una logica di vera valorizzazione del territorio. Evidentemente non è questo il caso. Leggendo le cronache della presentazione del marchio M908, abbiamo appreso con sorpresa come la produzione delle maglie e più in generale dell’abbigliamento sportivo di prima squadra e settore giovanile (oltre che dei capi destinati al merchandising), sia in realtà rigorosamente «made in China». Una notizia che ci ha rattristato. L’Unione Sportiva Lecce è infatti la massima espressione dello sport salentino, sicuramente uno dei simboli principali dell’identità territoriale. Il club avrebbe potuto scegliere una via diversa, più propriamente orientata alla valorizzazione del territorio, delle sue maestranze, delle professionalità maturate in una lunga tradizione manifatturiera di qualità. Rivolgersi al mercato cinese risponde probabilmente ad una logica di contenimento dei costi. Vogliamo immaginare che una volta superato il periodo di avviamento, lo sviluppo del progetto preveda a breve termine il coinvolgimento delle aziende locali affinché la produzione della maglia giallorossa – che per molti salentini non è un semplice pezzo di stoffa – torni finalmente nel Salento. Non vorremmo che come accaduto per altre produzioni delocalizzate, il club giallorosso si debba pentire della scelta. La Filctem Cgil è da sempre contraria alle scelte che delocalizzano la produzione: spiace constatare come la notizia sia passata quasi sottotraccia, nel silenzio dei principali interessati, ossia la classe imprenditoriale locale che avrebbe dovuto cogliere l’occasione per rilanciare il connubio con la società calcistica e difendere le eccellenze del territorio“.

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