ALESSANO – Bagno di folla e di fedeli ad Alessano per la visita di Papa Francesco ai luoghi di don Tonino Bello, in occasione del venticinquesimo anniversario della sua morte e di cui è in corso la causa di beatificazione. Il pontefice è arrivato alle 8:45 in elicottero da Galatina, dove ad attenderlo c’erano da ore almeno ventimila persone che gli hanno riservato una calorissima accoglienza.
Striscioni, applausi, la ricerca di una stretta di mano con il Santo Padre hanno caratterizzato la mattinata salentina del Papa che si è recato nella località in provincia di Lecce per rendere omaggio alla figura dell’amatissimo “servo di Dio“, nella ricorrenza dei 25 anni dalla morte del vescovo di Molfetta.
L’incontro con i fedeli è avvenuto nel piazzale antistante il cimitero del Basso Salento che ha preceduto la celebrazione della Santa Messa nel porto di Molfetta. Si tratta del ventunesimo viaggio in Italia di Papa Francesco.
Papa Jorge Bergoglio è stato accolto dal vescovo di Ugento-Santa Maria di Leuca, Vito Angiuli, nel cui territorio si trova la cittadina salentina, e dal sindaco Francesca Torsello. Prima tappa del viaggio è stato il cimitero comunale, dove riposa don Tonino Bello. Il Papa ha raggiunto la tomba direttamente dall’elicottero e si è fermato in piedi per diversi minuti in una preghiera silenziosa. Papa Francesco ha deposto sull’aiuola un mazzo di fiori bianchi e gialli. Infine si è raccolto in preghiera anche davanti alla tomba della madre di don Tonino, poco distante.
Alla preghiera sulla tomba il Papa ha lanciato un nuovo appello per la pace nel Mediterraneo. «Questa terra, don Tonino la chiamava “terra-finestra”, perché dal Sud dell’Italia si spalanca ai tanti Sud del mondo, dove i più poveri sono sempre più numerosi mentre i ricchi diventano sempre più ricchi e sempre di meno. Siete una “finestra aperta, da cui osservare tutte le povertà che incombono sulla storia”, ma siete soprattutto una finestra di speranza perché il Mediterraneo, storico bacino di civiltà, non sia mai un arco di guerra teso, ma un’arca di pace accogliente».
Così papa Bergoglio ha ricordato l’impegno incessante di don Tonino contro tutte le guerre, a partire da quelle più vicine: «Agiva localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia. Infatti, se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra. La pace, perciò, si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione. Diceva speranzoso don Tonino: “Dall’officina, come un giorno dalla bottega di Nazareth, uscirà il verbo di pace che instraderà l’umanità, assetata di giustizia, per nuovi destini”».
Il Pontefice ha ricorda: «Capire i poveri era per lui vera ricchezza. Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa. Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda». Quindi ha aggiunto: «Una Chiesa che ha a cuore i poveri rimane sempre sintonizzata sul canale di Dio, non perde mai la frequenza del Vangelo e sente di dover tornare all’essenziale per professare con coerenza che il Signore è l’unico vero bene. Don Tonino ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero. Don Tonino sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino spossessarsi di sè. Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l’indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l’incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità».
«Caro don Tonino – ha affermato ancora il Pontefice – ci hai messo in guardia dall’immergerci nel vortice delle faccende senza piantarci davanti al tabernacolo, per non illuderci di lavorare invano per il Regno. E noi ci potremmo chiedere se partiamo dal tabernacolo o da noi stessi. Potresti domandarci anche se, una volta partiti, camminiamo; se, come Maria, ci alziamo per raggiungere e servire ogni uomo. Se ce lo chiedessi, dovremmo provare vergogna per i nostri immobilismi e per le nostre continue giustificazioni. Ridestaci alla nostra alta vocazione; aiutaci ad essere sempre più una Chiesa contempl-attiva, innamorata di Dio e appassionata dell’uomo».
Inoltre, il Santo Padre ha aggiunto: «In questa terra nacque Tonino e divenne don Tonino. Questo nome, semplice e familiare, che leggiamo sulla sua tomba, ci parla ancora. Racconta il suo desiderio di farsi piccolo per essere vicino, di accorciare le distanze, di offrire una mano tesa. Invita all’apertura semplice e genuina del Vangelo. Il nome di don Tonino ci dice anche la sua salutare allergia verso i titoli e gli onori, il suo desiderio di privarsi di qualcosa per Gesù che si è spogliato di tutto, il suo coraggio di liberarsi di quel che può ricordare i segni del potere per dare spazio al potere dei segni. Don Tonino non lo faceva per convenienza o ricerca di consensi, ma mosso dall’esempio del Signore. Nell’amore per lui troviamo la forza di dismettere le vesti che intralciano il passo per rivestirci di servizio, per essere “Chiesa del grembiule“, unico paramento sacerdotale registrato dal Vangelo. Una Chiesa non mondana, ma per il mondo, monda di autoreferenzialità e non avviluppata su di sé; non in attesa di ricevere, ma di prestare pronto soccorso; mai assopita nelle nostalgie del passato, ma accesa d’amore per l’oggi, sull’esempio di Dio, che ha tanto amato il mondo».
La conclusione del Papa è stata un invito a imitare monsignor Bello, affinché «la sua profezia sia attuata. Non accontentiamoci di annotare bei ricordi, non lasciamoci imbrigliare da nostalgie passate e neanche da chiacchiere oziose del presente o da paure per il futuro. Imitiamo don Tonino: lasciamoci trasportare dal suo giovane ardore cristiano, sentiamo il suo invito pressante a vivere il Vangelo senza sconti. È un invito forte rivolto a ciascuno di noi e a noi come Chiesa. Ci aiuterà a spandere oggi la fragrante gioia del Vangelo».
Al termine, il Papa ha recitato una preghiera davanti all’icona della Madonna de Finibus Terrae che si venera a Santa Maria di Leuca e dove Benedetto XVI si recò in pellegrinaggio dieci anni fa. Quindi è salito ancora in elicottero per spostarsi a Molfetta, seconda ed ultima tappa della sua giornata in terra di Puglia.