LECCE (di Maria Francesca Colelli)* – Quante volte studenti, alunni, allievi, scolari, liceali, ma prima di tutto giovani proiettati verso il futuro, scesi alla fermata dell’autobus, balzati fuori dalla carrozza del treno, o volta la chiave nella conosciuta serratura dopo la solita camminata scuola-casa, hanno immaginato un pomeriggio trascorso su libri, quaderni, fotocopie un po’ spiegazzate e vocabolari di ogni lingua? Pomeriggi (spesso anche sere…) con la testa china e concentrata per svolgere quei “compiti a casa”, apparentemente inutili, ma in realtà di vitale importanza.

A scuola occorre seguire le lezioni con attenzione, non lasciarsi sfuggire particolari che potranno rivelarsi utili, capire i concetti fondamentali. Tuttavia, come uno chef riesce difficilmente a preparare un piatto dopo aver ascoltato una sola volta la ricetta, o un giocatore di scacchi non riesce a vincere una partita dopo aver udito una sola volta le regole, allo stesso modo nessuno studente può essere sicuro in un argomento se prima non ha messo in gioco se stesso. Ha bisogno di pratica, di litigare con gli esercizi di matematica, di confrontarsi più volte con i sommi filosofi o con i grandi personaggi storici, di immergersi in una versione di latino o di greco, o in un composto chimico, di apprendere fino in fondo ciò che gli viene insegnato. E tutto questo può avvenire grazie ai compiti.

L’unico modo oggi per costruirsi un futuro è quello di studiare, che è impresa ardua. Ogni risultato onesto comporta dei sacrifici e il mondo, al di fuori delle quattro mura scolastiche, dipende proprio dallo studio, che tempra, rende consapevoli, liberi e indipendenti, capaci di ragionare con la propria testa. In classe si apprende, a casa ci si esercita. I compiti a casa sono gli allenamenti per le grandi prove della vita perché nei libri c’è il segreto per superarle. La stanchezza e l’inerzia che colpiranno in alcuni giorni sono parte del gioco, sono ostacoli da abbattere. Come non si può intraprendere un viaggio senza scarpe, così non si può affrontare la vita senza la conoscenza.

Il giornalista Antonio Errico immagina un dialogo con il figlio confidandogli «che non ci sono alternative, né oggi né domani, se non studiare e che per questo non si è mai lamentato e mai si lamenterà se un insegnante darà molti compiti e ogni giorno pretenderà che faccia sempre meglio». Non si può studiare solo a scuola, conosciamo bene quanto il tempo sia ristretto ed a volte sfugge anche per interrogazioni e verifiche. Prima di tutto, infatti, bisogna studiare per se stessi, per percorrere una strada che aprirà tante porte, ma anche per il piacere di studiare. Ne consegue, quindi, che se i ragazzi riusciranno a capire l’importanza della cultura e la sua bellezza vorranno studiare oltre le cinque o sei ore scolastiche.

«Certamente gli insegnanti svolgono un compito delicato nell’assegnare i compiti». Se li presentano come un’imposizione, allora è comprensibile un rifiuto da parte degli studenti; infonderanno timore, sfiducia e causeranno tensioni anche all’interno della famiglia con liti, nervosismo e punizioni. Invece, il sostegno dei genitori ai figli è fondamentale, ma anche quello dei genitori agli insegnanti. Affidando compiti che costituiscono sfide, utili e coinvolgenti, capaci di attirare l’attenzione, di meravigliare, la scuola tornerà ad essere un punto di unione, dove poter migliorare e crescere. La didattica cooperativa può essere un forte stimolo all’apprendimento. Studiare insieme, confrontare metodi diversi, aiutare ed essere aiutati aggiunge agli studenti un elemento in più. Oltre a ciò strategie più evolute come il problem solving sviluppano una serie di abilità fondamentali per la crescita: analizzare e valutare la propria attività cognitiva, elaborare un pensiero creativo, ampliare quello spirito critico necessario per affrontare una realtà globale e in continuo mutamento.

Tutte queste nuove strategie devono favorire lo studio a casa che nel nostro sistema scolastico non può essere sostituito in quanto si comprometterebbero le conoscenze. La quantità di compiti a casa è una questione di enorme discussione. Famosa è diventata la lettera scritta da un papà agli insegnanti per giustificare il figlio che non aveva svolto i compiti delle vacanze: «Voi avete nove mesi per dargli nozioni e cultura, io tre mesi per insegnargli a vivere» – scrive ai professori di suo figlio. Il genitore classifica i compiti delle vacanze come deleteri citando psicologi, pedagogisti e sistemi scolastici in cui il lavoro avviene in classe. «Abbiamo fatto lunghe gite in bicicletta, vita di campeggio, gestione della casa e della cucina» afferma nella lettera. Compiti aboliti, quindi, perché non resta tempo per attività ricreative e sportive, per attività che insegnano a vivere? «In medio stat virtus» dicevano i Latini. Scuola e vita non sono distanti, anzi spesso coincidono. Ogni giorno, sui banchi si imparano prima nozioni di vita, poi nozioni di cultura. A ciò si aggiunga che come tre mesi di non allenamento per un calciatore possono essere difficili da recuperare, allo stesso modo per uno studente possono comportare delle problematicità.

Tuttavia, durante l’anno scolastico anche un carico eccessivo di compiti può causare delle difficoltà. Numerosi studi dimostrano come e quanto sia importante per la crescita dei ragazzi praticare sport, dedicarsi alla musica, scoprire nuovi interessi o semplicemente sentirsi parte di un gruppo. Lo studio e le attività extrascolastiche devono e possono essere complementari, non devono assolutamente diventare due linee parallele. Tutto ciò che si impara a scuola, le sfide che si superano svolgendo i compiti permetteranno di costruire un futuro, tutto quello che viene appreso al di fuori permetterà di viverlo al meglio.

Pagella, leccezionale.itI compiti sono la palestra della vita: se da una parte rafforzano l’apprendimento e la memoria, sviluppano l’autonomia, motivano, preparano a essere vincenti, dall’altra non devono invadere il tempo, ma renderlo proficuo. Occorre assegnare attività che aprano la mente, che diano consapevolezza della società in cui viviamo, che insegnino a saper discernere quel che è giusto da ciò che è sbagliato. Così i ragazzi non saranno solo giovani proiettati verso il futuro, ma anche giovani che vivono il loro presente.

*alunna del Liceo Classico e Musicale “G. Palmieri” di Lecce

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