LECCE (di Italo Aromolo) – Roberto Rizzo alla guida del Lecce: l’immagine evoca un buon padre che alleva un figlio con amore, dedizione e minuziosa cura, godendo dell’incondizionata fiducia che caratterizza ogni famiglia in cui i genitori ambiscano al massimo del successo per le proprie creature. Per analogia non ci sarebbe bisogno di contratto quando un allenatore viene scelto alla guida della squadra della sua terra, perché gli unici vincoli sono quelli della natura e del cuore: il debito morale che molti devono a quei colori dal punto di vista professionale per averli lanciati come calciatori o a livello emozionale per aver regalato forti battiti quando, piccini piccini, assistevano ai match dei propri beniamini. La storia del Lecce è ricca di questi intrecci tra cuore, panchina e origini: ripercorriamoli uno a uno.
Dalle origini agli anni Novanta: Renna, un trionfo unico – Se le cronache di tecnici salentini homemade come Raffaele Anguilla, Italo Paterno, Carmelo Russo e Ugo Starace si perdono nel ventennio cupo degli anni ’40 e ’50, tra angusti campionati di Serie D e poco pubblicizzati tornei di terza serie, il calcio leccese dovrebbe realizzare un monumento d’oro a Mimmo Renna per quanto fatto da mister nella stagione sportiva 1975/’76. Dopo ventisette logoranti annate di Serie C consecutive, Renna ha inciso il proprio nome nel libro della storia del club giallorosso conducendo alla vittoria del campionato la squadra della mitica coppia-gol composta da Fortunato Loddi e Gaetano Montenegro (55 punti davanti a Benevento e Bari). Nessun leccese in futuro farà meglio ed il primo fallimento, cronologicamente parlando, sarà quello di Aldo Sensibile: chiamato a guidare i giallorossi nella stagione di Serie B 1991/’92, il padre dell’attuale diesse dell’Alessandria durò la parentesi di 6 partite (2 punti appena) prima di essere esonerato.
Rizzo e i “millennials” – Il famoso detto evangelico “nemo propheta in patria” trova conferme nelle ultime esperienze autoctone sulla panchina del Lecce. Nella stagione di Lega Pro 2012/’13 mister Antonio Toma non riuscì a guidare i salentini alla promozione diretta in Serie B, facendosi sorpassare al primo posto dal Trapani, complice la fatale sconfitta casalinga per 1-2 proprio contro i siciliani. Allo zenit della drammaticità sportiva c’è l’esperienza di Checco Moriero, che perse le prime quattro partite del campionato 2013/’14 (contro Salernitana, L’Aquila, Benevento e Catanzaro) terminando la sua avventura in panchina dopo meno di un mese a zero punti.
Adesso è il turno di mister Rizzo, che già sul finire della stagione di Serie A 2005/’06 venne chiamato a salvare il derelitto Lecce da una retrocessione annunciata: il naufragio non impedì alla scialuppa giallorossa di essere governata fino alla fine con risultati degni di ben altri destini, come l’1-0 sul Milan (gol di Konan) e il 3-1 in casa della Samp. Undici anni dopo mancò la fortuna ma non il valore nella beffarda partita di Alessandria, costata l’eliminazione dai play-off attraverso la lotteria dei rigori dopo una prestazione sontuosa da parte degli uomini di Rizzo “secondo”. Decisamente in credito con il destino, il tecnico di San Cesario oggi si ripresenta per la terza volta alla guida del “suo” Lecce, con un conto in sospeso con la storia e un solo obiettivo nel mirino: trasformare l’antica chimera del “Lecce ai leccesi” in una splendida favola. Con lieto fine, ovviamente.