allenatori LecceLECCE (di Italo Aromolo) – L’allenatore è un uomo di spettacolo. Non solo perché è pagato per produrlo in campo. È un uomo di spettacolo nei modi di fare, che possono renderlo celebre al mondo nel tempo e nello spazio: chi non ricorda le manette di Josè Mourinho, il violino di Rudi Garcia o il calcio nel sedere che Silvio Baldini rifilò a Mimmo Di Carlo. È un uomo di spettacolo nei modi di vestire: immaginate Serse Cosmi senza il cappellino, Francesco Guidolin in giacca e cravatta e Rafa Benitez privo dei suoi ormai mitici calzini dei cartoni animati. Ma gli allenatori sono uomini di spettacolo soprattutto nei modi di comunicare: dei maestri del relazionismo che, davanti alle telecamere, alternano sapientemente banalità, eccentricità, menzogne ed onestà. Tutto calcolato, con l’obiettivo di proteggere la squadra e, perché no?, guadagnarsi i titoloni dei giornali entrando a far parte della setta degli indimenticabili.

In Italia questa forma di spettacolo ha fatto la storia, originando quelle folkloristiche espressioni che vanno dal “pirla” di Josè Mourinho allo “Strunz” di Giovanni Trapattoni, passando per le “chiese al centro del villaggio” di Rudi Garcia e gli “agghiacciante” di Antonio Conte. Nel suo piccolo, anche il Lecce ha una piccola antologia di frasi da prime pagine, che hanno in qualche modo contrassegnato l’esperienza di ogni tecnico alla guida della formazione salentina. Nell’ultimo decennio si è detto un po’ di tutto ai microfoni del “Via del Mare”: verità, mezze verità, proclami di cartone, ma anche appassionate dichiarazioni di amore nei confronti di questa terra. Da Silvio Baldini a Dino Pagliari, ripercorriamo le più significative.

dino pagliari allenatoriDino Pagliari: “Useremo più la pietra leccese che i barocchismi”. Si era presentato così il tecnico di Macerata alla sua prima conferenza stampa da allenatore del Lecce, con una ardita metafora capace in un sol colpo di fondere stili e materiali dei più importanti monumenti architettonici ed artistici leccesi. “Niente fronzoli, badiamo alla sostanza”: sembrava dire con la praticità di un boscaiolo l’ex allenatore del Pisa. Contro Vigor Lamezia, Lupa Roma, Barletta, Matera e Reggina, fronzoli non se ne sono visti. Ahinoi, neanche la sostanza il più delle volte. E così la sua esperienza salentina, iniziata a bordo di ben cinque treni nel periodo delle vacanze natalizie, si è rapidamente chiusa nell’arco di un solo mese alla guida della formazione leccese, tra molti rimpianti e l’amarezza di esser andato via senza neppure salutare l’ambiente che lo aveva pur accolto con calore e favore.

LerdaFranco Lerda: “Partita dopo partita”. Come un martello a propulsione pneumatica, Franco Lerda ha ripetuto come un mantra queste tre parole ogni qualvolta gli si chiedesse dove poteva arrivare il Lecce in classifica. Le ha coniate nella scorsa stagione, quando tutto sembrava perduto dopo le sconfitte in campionato contro Frosinone e Perugia. Le ha ribadite anche quando, ad aprile, la rimonta in classifica era più che una speranza. Ed ha continuato a ripeterle quest’anno, tanto dopo le illusioni campane (successi a Benevento e Salerno), quanto dopo le batoste pugliesi (ko con Foggia e Martina Franca). Il mantra del tecnico di Fossano è lo specchio della sua personalità: un uomo dalla grande cultura del lavoro, che non conosce fatica e vive di alta tensione dal primo all’ultimo minuto del campionato. Anche se, nell’ultima fase della sua esperienza sulla panchina giallorossa a finire negli annali delle dichiarazioni che non t’aspetti in una sala stampa merita un posto per eccellenza il suo: “Si sa, io sono una testa di c…

Moriero allenatoriFrancesco Moriero: “Stiamo migliorando, i ragazzi hanno dato tutto”. Checco Moriero e il cuore oltre l’evidenza. Per il bene della sua maglia, per il bene della sua terra. L’allenatore leccese ha guidato i giallorossi per quattro partite all’inizio della stagione 2012/’13, collezionando altrettante sconfitte in un incontrollabile precipitare di gol subiti, assenza di gioco e controllo dello spogliatoio. Il tecnico leccese, che pure poteva far leva su non poche attenuanti (squadra allestita in ritardo, infortuni, squalifica della Curva Nord), si è sempre sobbarcato in prima persona le responsabilità del fallimento, fungendo da parafulmine per tutta la squadra nei momenti di difficoltà. Sostenere di vedere dei miglioramenti dopo le scadenti prestazioni contro Benevento e Catanzaro rivelava una strenua volontà di difendere la propria creatura, come un eroe farebbe con la sua patria e un padre con il proprio figlio.

Antonio TomaAntonio Toma: “Il Lecce è una Ferrari, vinceremo tutte le partite tranne l’ultima perché saremo già in Serie B”. Mica male nella prima conferenza stampa da allenatore di una squadra professionistica. Antonio Toma è questo: sfrontatezza ed imprevedibilità nel passato da calciatore, nel gioco da allenatore (4-2-4) e, a quanto pare, anche nell’equilibrio delle parole. In un vocabolario di frasi fatte in cui azzardi e previsioni appartengono alla categoria “forme rare”, le dichiarazioni del tecnico salentino stupirono per la spontaneità con cui, paragonando il Lecce al Cavallino Rampante, si convinceva di poter vincere le successive 12 partite, riservandosi la possibilità di perdere l’ultima perché già promosso in Serie B. Nonostante il fallimento del traguardo finale, la “macchina” del tecnico magliese ha viaggiato ad ottime velocità: 8 vittorie, 3 pareggi e l’eccellente media punti di 2,08 a partita sono state vanificate dagli unici due, pesantissimi, passaggi a vuoto contro Trapani ed Albinoleffe.

Giuseppe Papadopulo: “Qualcuno si è dimenticato di me…” La strana storia di un vincente dimenticato dal mondo del calcio. Se ne può mettere in dubbio il modus (calcio antico, difesa a oltranza e gioco non spumeggiante) ma Giuseppe Papadopulo ha centrato l’obiettivo in quasi tutte le piazze dove ha allenato: promozioni ad Acireale, Livorno, Siena e Lecce, salvezze a Bologna e Siena, qualificazione alle coppe europee a Palermo e con la Lazio. Il curriculum merita quantomeno la stessa considerazione di esimi colleghi che da anni scaldano le panchine della massima serie collezionando esoneri. Il “Papa” invece è senza squadra da quasi cinque anni, nonostante più volte abbia lasciato intendere – anche in riferimento a Lecce – la sua voglia matta di tornare ad allenare.

Gigi De CanioGigi De Canio: “Non vado via per ambizione. Rinuncio ad un milione lordo. La mia dignità vale molto di più”. Pronunciando queste parole, Gigi De Canio annunciava la fine della sua esperienza da allenatore del Lecce dopo due anni e mezzo vissuti nell’innovativo ruolo di allenatore-manager. Il tecnico materano declinava un progetto quadriennale per l’evidente impossibilità da parte della società di portarlo avanti economicamente. Una scelta di coerenza che, assieme alla rinuncia della restante quota di emolumenti, faceva grande onore al tecnico materano. Lo stesso che, a proposito di coerenza, più volte aveva rassegnato le dimissioni vedendosele respinte.

Silvio Baldini: “Pronto a rinunciare allo stipendio in caso di retrocessione”. Nelle difficoltà, la dignità prima di tutto. O almeno nelle intenzioni. Nel 2005, Silvio Baldini veniva chiamato a sostituire Angelo Gregucci sulla panchina del Lecce per dar linfa alla disastrata situazione dei giallorossi, derelitti all’ultimo posto in classifica e ormai indirizzati verso la retrocessione in Serie B. Convinto della bontà del suo lavoro e dell’organico ricevuto in eredità, il tecnico toscano si lanciava in una promessa senza precedenti in conferenza stampa: “In caso di retrocessione in Serie B, sono pronto a rinunciare al mio stipendio. Se però ci salviamo, lo voglio doppio”. Baldini conquistò 12 punti in 16 partite e fu esonerato dopo poco più di tre mesi. Non rinunciò al denaro e, avendo firmato un accordo biennale, fu a libro paga dell’allora società con sede in via Templari anche per tutta la stagione seguente. Forse non è un caso che Giovanni Semeraro, quando fu invitato a rilasciare un commento su ciascun tecnico della sua gestione, arrivato a Baldini esclamava: “Passiamo oltre, per cortesia…”

SERSE COSMI 3Serse Cosmi: “L’aritmetica dice che sono retrocesso con il Lecce, ma poi c’è un’altra classifica che è quella dei tifosi, e allora a Lecce ho vinto uno scudetto”. Gli sono bastati sette mesi alla guida dei giallorossi per innamorarsi visceralmente di Lecce e della sua gente. Serse Cosmi ed il Lecce, un legame cristallizzato dalla splendida rimonta in classifica che il tecnico di Perugia realizzò nella seconda parte della stagione 2011/’12. I tifosi ci hanno messo il cuore, esultando dopo le vittorie dell’illusione (Inter, Roma, Catania…) ed applaudendo dopo la retrocessione tra le lacrime di Verona e nel post match con la Fiorentina. Lui, Serse, ha risposto tramite una t-shirt con dedica “Stu core nu bbu lassa mai”: una frase di pura passione, preludio al suo doloroso addio che ancora oggi appare con una promessa velata dietro: tornerò, anche solo per salutare.

Delio Rossi: “Bisogna ammorbidire il Lecce”. È un estratto della telefonata privata tra Delio Rossi ed il presidente della Lazio, Claudio Lotito. L’intercettazione risale all’aprile del 2006, quando il tecnico emiliano allenava i biancocelesti e, per raggiungere la qualificazione in Coppa Uefa, doveva battere in casa il Lecce, sua ex squadra peraltro già virtualmente retrocessa in B. L’allenatore di Rimini faceva esplicita richiesta al presidente Lotito di intavolare una generica trattativa “per fare capire ai dirigenti del Lecce che possono fare degli affari, in modo tale da far arrivare i calciatori salentini già ammorbiditi e rassegnati.“Li ho allenati, sono una buona squadra, se decidono di giocare ti possono creare dei problemi” spiegava Rossi al patron Lotito, che furbescamente lasciava intendere: “Abbiamo già parlato con Carlo (il diesse del Lecce, Regalia, ndr), vediamo se magari vogliono vendere Ledesma”. Per la cronaca la Lazio vinse 1-0. Il lupo-Claudio perde il pelo…

zeman allenatoriZdenek Zeman:“Perché uno dovrebbe contestare il sistema se ci sta dentro? Perché o lo vuole cambiare o lo vuole fare diventare pulito”. Storica lite in televisione tra l’allora allenatore del Lecce, Zdenek Zeman ed il cittì della Nazionale, Marcello Lippi. La partita è Bologna-Lecce, ma si sa che quando c’è di mezzo il tecnico boemo il calcio giocato passa quasi in secondo piano. Zeman contesta al suo interlocutore l’eccessivo utilizzo di creatina che fece ai tempi della Juventus per potenziare le prestazioni dei suoi giocatori. Il tecnico viareggino chiede in tono provocatorio: “Zeman, perché lei critica il sistema se ne fa parte? Se ne può anche uscire”. La risposta del “maestro” è secca e laconica: “Beh, lo voglio cambiare o lo voglio fare diventare pulito”. Lippi è ammutolito, con poche parole Zeman riesce ancora a zittire i suoi oppositori.

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