LECCE (di Massimiliano Cassone) – A mente fredda, a bocce ferme, la sconfitta del Lecce a Messina fa ridere. Avremmo preferito una prestazione che ci facesse sorridere e invece no, questa squadra ha fatto ridere. Un gran gol di Moscardelli aveva fatto pensare a tutti che l’inversione di rotta fosse cosa fatta; ma se tra i “tutti” ci sono solo i tifosi, va bene. Ed invece no, proprio tutti, tutti, hanno pensato di aver incamerato quei tre punti, compresi i calciatori e il mister di Fossano.
Non vogliamo infierire sul comportamento puerile di W. Lopez, ci può stare l’errore “emotivo” anche se da campioni del suo calibro non te lo aspetti. Ma poi? Dopo essere rimasti in dieci, i giallorossi sono diventati rinunciatari, sembravano spaventati. La domanda che ci sorge spontanea è solo una: “Spaventati da cosa?”
Dopo un primo tempo giocato su ritmi abbastanza alti, l’inconsistenza dell’avversario che ha permesso di giganteggiare al Lecce ed a Caglioni di uscire dal campo senza aver toccato pallone, nella seconda frazione di gioco c’è stata l’involuzione che nessuno mai si sarebbe aspettato.
Se domenica scorsa avevamo “digerito” la sostituzione di Carrozza con Donida all’inizio del secondo tempo, e dopo tanti tentennamenti nell’accettarla lo abbiamo fatto, giustificando quest’atteggiamento oltremodo difensivo, vogliamo sottolineare quello che non va questa volta: ad inizio ripresa, ieri, Lerda ha richiamato in panchina Lepore, mandando in campo Carini. Non siamo assolutamente d’accordo. Il Messina (che ha meritato ampiamente la vittoria) era alle corde, la squadra di Grassadonia, se fosse stata aggredita anche nel secondo tempo, avrebbe mollato gli ormeggi costretta a difendersi; ed invece no, il Lecce decide di difendersi e prende gol da un signore di 40 anni che sembrava un giovincello all’esordio e, come se non bastasse, ne incassa altri due, aprendosi come una cozza in decomposizione.
A questo punto ci chiediamo: con Lepore in campo si poteva ricomporre la difesa a 4, facendo fare a Mannini il “sinistro” al posto dell’espulso Lopez, a Lepore il terzino destro, e mantenere Martinez con Sacilotto centrali, continuando ad attaccare invece di rintanarsi nella propria metà campo ad aspettare il pertugio giusto per partire in contropiede? E non si venga a ricordare che il calciatore di “San Pio” non ha i novanta minuti nelle gambe, perché è quello che è parso stare meglio di tutti fisicamente.
Ad inizio del secondo tempo sarebbe stato magari più logico vedere Carrozza al posto dello spento Doumbia e Rosafio sostituire Della Rocca che ieri è stato pressoché inutile. Caglioni, Lepore a destra, Sacilotto e Martinez centrali, Mannini a sinistra, Salvi, Papini, Carrozza e Rosafio ad agire per Moscardelli, come ultima sostituzione in corso d’opera Filipe Gomes al posto di Salvi (così com’è stato) e sarebbe andata forse meglio. Non vogliamo sostituirci a nessuno, sia chiaro, massimo rispetto per mister Lerda che abbiamo sempre rispettato e capito, ma sinceramente la paura dimostrata quest’anno non possiamo comprenderla. Non va più bene: il Lecce non è la Paganese o il Messina (tanto per citare le ultime due squadre affrontate) e, seppur abbiamo sempre ricordato a tutti di tenere i piedi per terra perché la realtà in cui si trova la squadra giallorossa è la Lega Pro, ora ci sentiamo di dire che in Lega Pro si gioca col sudore e col sangue e non si arretra di un millimetro, specialmente se ti chiami Lecce. Se questo concetto non è chiaro a qualcuno, c’è la superstrada Lecce–Brindisi che conduce allo svincolo Napoli–Pescara, da quel punto in poi si può raggiungere ogni dove della nostra bellissima Italia.
Il Lecce, ieri, si è rotto in mille cocci sprofondando nella contraddizione. E non siamo d’accordo con chi pensa che questa rosa non sia in grado di macinare il campionato; bisogna soltanto trovare il modo giusto e la mentalità appropriata per vincere, senza paura. Ci pensi Lerda a raccogliere i cocci e a rimetterli insieme incollandoli al meglio. Ci pensi Lerda a trovare quel tassello giusto per rendere questo gruppo di calciatori una squadra di calcio. A Lecce non c’è più tempo per la “filosofia”.