LECCE (di Gavino Coradduzza) – Vecchi vizi ed antiche virtù ancorano il Lecce visto all’opera contro il Pordenone alla condizione di “color che son sospesi”. Bastano davvero pochi minuti di gioco per rendersi conto delle intenzioni delle due squadre; almeno quelle dei giallorossi che, senza esitazione alcuna, imprimono il marchio di chi intende giocare senza lesinare impegno, corsa, qualità e opportuna interpretazione di una partita che, almeno per il Lecce, vale davvero moltissimo. I neroverdi non sembrano aver fretta; iniziano la loro partita occupandosi prevalentemente di mantenere la verginità difensiva arginando le focose e talvolta cronometriche iniziative di Mancosu e compagni…

Il rientrante Coda non riceve assidua assistenza da parte dei costruttori di gioco ed appare dunque abbastanza isolato anche perché Stepinski si limita ad interpretare il ruolo di comparsa. Ma quando (14°) il numero 9 leccese trova palla in area, fa una magia bevendosi una barriera di tre avversari e, con fattezze feline e felpate, deposita la palla in rete diventa evidente che, almeno per il momento, la partita procede in chiara direzione a favore del Lecce…

Ma la cosa dura soltanto una manciata di minuti: il gol del vantaggio sembra agire, almeno sul pacchetto arretrato giallorosso, come una tazza di bromuro di militar memoria, ed il Pordenone non può che pareggiare su un pallone deviato da Gabriel su botta di Butic (20°) che il polacco Musiolik spinge in rete senza neanche sforzarsi troppo…

Il Lecce ha ormai smarrito il filo del discorso e subisce le caratteriali sfuriate degli uomini di Tesser; allora ci si chiede: è cresciuto il Pordenone o è il Lecce a non ritrovare più il bandolo della matassa che aveva tenuto saldamente in mano nei primi 15 minuti di partita? A questo proposito appare logico attendersi spiegazioni che vadano ben oltre i soliti luoghi comuni…

Il Lecce procede a tentoni; raramente riesce a turbare la ritrovata serenità del portiere avversario; lo fa qualche volta con le sgroppate e i conseguenti cross (di sinistro) di Adjapong, stantuffo continuo sulla sua fascia e però un tantino a disagio in copertura. E intanto Gabriel non può davvero riposarsi. Lecce balbettante e del tutto soggiogato dall’avversario negli ultimi dieci minuti di gioco prima dell’intervallo; il pareggio in buona sostanza è grasso che cola, con buona pace di coloro che si esercitano quasi esclusivamente con elogi preconfezionati. Resta tuttavia da giocare un’intera ripresa sperando nella rinascita

Il secondo tempo registra ben presto (15°) una brutta tegola per Corini: Adjapong cade male e si procura un problema (da quantificare) al tendine d’Achille della gamba sinistra che lo costringe ad abbandonare il terreno di gioco. Escono anche Stepinski e Nikolov sostituiti, immagino, per latitanza. Con i cambi il Lecce ritrova una parte della propria verve iniziale, ma soltanto una parte e quindi si muove con maggior disinvoltura, si scrolla di dosso molta parte della trascorsa supremazia dei neroverdi. Mancosu colpisce un palo in nel finale (82°), poi il Lecce deve comunque ringraziare Pisacane che, in pieno recupero, sradica il pallone dalla linea di porta a Gabriel fuori causa…

Come al solito si dirà che un pari in trasferta non è mica da buttare; io aggiungo che sì, non è da buttare, ma ottenuto dopo aver disputato molto bene i primi 15 minuti di partita e male i residui 75, la qual cosa non tranquillizza del tutto…

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