femminicidioMaltrattate, umiliate e violentemente eliminate: con 179 donne uccise, il 2013 ha rappresentato l'”anno nero” per il femminicidio in Italia, il più cruento degli ultimi sette, con un incremento del 14% rispetto al 2012. Come riporta l’Agi: questo è uno dei dati contenuti nel secondo Rapporto Eures sul femminicidio nel nostro Paese, secondo cui l’anno passato ha presentato la più elevata percentuale di donne tra le vittime di omicidio mai registrata in Italia, pari al 35,7% delle vittime totali (179 sui 502): nel ’90, le donne uccise erano appena l’11,1% delle vittime totali. Sempre nel 2013, quasi il 70% dei femminicidi è avvenuto in famiglia, il 92,4% per mano di un uomo.

Nel 2013 il sud diventa l’area a più alto rischio (75 vittime ed una crescita del 27,1% sull’anno precedente), anche a causa del decremento registrato nelle regioni del nord (-21% e 60 vittime), ma e’ il centro a presentare l’incremento più consistente (+100%), passando le donne uccise da 22 a 44: i casi crescono nel Lazio (da 9 a 20), in Toscana (da 6 a 13), in Umbria (da 3 a 6) e nelle Marche (da 4 a 5). Proprio il Lazio, insieme alla Campania, presenta nel 2013 il più alto numero di femminicidi tra le regioni italiane (20): seguono Lombardia (19), Puglia (15), Toscana (13), Calabria e Sicilia (entrambe con 10 vittime).

La graduatoria provinciale vede ai primi posti Roma (con 11 femminicidi nel 2013), Torino (9 vittime) e Bari (8), seguite, con 6 vittime, da Latina, Milano, Palermo e Perugia. Anche l’anno scorso, in 7 casi su dieci (68,2%, pari a 122 in valori assoluti) i femminicidi si sono consumati all’interno del contesto familiare o affettivo, in coerenza con il dato relativo al periodo 2000-2013 (70,5%). La criminalità comune rappresenta il secondo contesto a più elevato rischio, con il 16,2% delle vittime (28 in valori assoluti), davanti alle altre relazioni di prossimità (12,7%).

Se l’autore dei femminicidi familiari risulta essere quasi sempre un uomo, sono le trasformazioni e le dinamiche del rapporto di coppia a spiegare il maggior numero dei casi. Nel 2013, infatti, il 66,4% delle vittime di femminicidio familiare ha trovato la morte per mano del coniuge, del partner o dell’ex partner (81 vittime su 122). Anche per effetto del perdurare della crisi, si rileva un forte aumento dei matricidi, spesso compiuti per “ragioni di denaro” o per una “esasperazione dei rapporti derivanti da convivenze imposte dalla necessita’”: sono 23 le madri uccise nell’ultimo anno, pari al 18,9% dei femminicidi familiari, a fronte del 15,2% rilevato nel 2012 e del 12,7% censito nel 2000-2013.

Se le armi da fuoco si confermano come strumento principale negli omicidi in genere (45,1% dei casi, contro il 25,1% dalle armi da taglio), nei femminicidi la gerarchia degli strumenti si modifica significativamente: sono gli omicidi “a mani nude, espressione di un più alto grado di violenza e rancore”, a rappresentare complessivamente lo strumento più ricorrente (51 le vittime, pari al 28,5% dei casi), nelle tre forme delle percosse (5,6%), dello strangolamento (10,6%) e del soffocamento (12,3%); di poco inferiore la percentuale dei femminicidi con armi da fuoco (49, il 27,4% del totale) e da taglio (45 vittime, pari al 25,1%), cui seguono quelli compiuti con armi improprie (21 vittime, pari all’11,7%) o con altri mezzi (13 vittime, pari al 6,1%).

Accanto alle modificazioni territoriali, il 2013 rileva anche una crescita dell’età media delle vittime di femminicidio, passata da 50 anni nel 2012 a 53,4. E con l’età media cresce anche la percentuale delle vittime di femminicidio in condizione non professionale (dal 54,8% del 2012 al 58,1%), confermandosi le pensionate (35,5% del totale) le vittime prevalenti, seguite da casalinghe e disoccupate (15,1%), impiegate e lavoratrici dipendenti (9,9%) e domestiche, colf e badanti (9,9%). E’ il tarlo del possesso e della gelosia a spiegare la percentuale piu’ elevata di femminicidi (il 30,3% di quelli familiari, pari a 36 in valori assoluti), seguiti da quelli scaturiti da conflitti e dissapori quotidiani (21 vittime, pari al 17,6%).

I “femminicidi del possesso” conseguono generalmente alla decisione della vittima di uscire da una relazione di coppia: sono oltre 330 le donne uccise in Italia, dal 2000 a oggi, per aver lasciato il proprio compagno.

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