LECCE (di Daniela D’Anna) – Quando si dice la sindrome di Stoccolma… In psicologia vuol dire innamorarsi di chi tiene un soggetto in stato di prigionia. Ma, nel linguaggio della competizione calcistica, la sindrome di Stoccolma la dice lunga e sta a significare l’intimo senso in cui si è disputata la gara dei play-off tra la Svezia e l’Italia. In sostanza, l’algido cielo scandinavo ci ha tradito facendo sì che il presente non si lasciasse depredare del suo grande diritto decretando la vittoria dei gialloblù.
Ad oggi l’affermazione del Commissario Tecnico della Nazionale Azzurra Giampiero Ventura dà una idea del peso che la kermesse rappresenta. Le parole usate dall’ex allenatore, tra le altre, di Lecce e Torino per trasmettere la carica ai suoi uomini erano state: serenità, consapevolezza e convinzione per il duplice importante confronto con gli svedesi. Ventura ha però incassato una disfatta che equivale ad una débacle psicologica per la sua carriera professionistica.
Vuol dire che, dopo questa frustrante gara d’andata, per giungere al traguardo occorrerà domani sera opporre una stoica resistenza all’avversario, a cui si deve aggiungere una prova maiuscola, di carattere, in grado di sovvertire l’1-0 di Solna e non ci sono altre vie per prepararsi degnamente alla sfida da dentro o fuori di Milano. Raramente è stato così impegnativo il confronto o, usando un termine antisportivo, lo scontro.
Al Ct azzurro fa eco il Presidente della Figc, Carlo Tavecchio, il quale pur riconoscendo la lunga tradizione calcistica della Svezia sostiene che l’imperativo categorico è superare l’ostacolo a San Siro per andare ai Mondiali in Russia del 2018.
Gli Azzurri che portano addosso il colore celestiale e della meditazione, con a capo un mesto e al contempo elettrizzato Ventura, in ultima analisi hanno poco da invidiare ai concorrenti in generale della prossima Coppa del Mondo, anzi gli stressors (agenti stressanti) in questo caso producono una motivazione ottimale alla vittoria. Chi onora la maglia dell’Italia è ben visto e finisce spesso di diritto nel firmamento calcistico; non a caso i campioni del pallone tricolore recano i grandi nomi del calcio made in Italy.