PERUGIA (di Luca Manna) – Sono state ore intense di lotte interiori e di estrema confusione per chi, come me, ha l’onore di poter utilizzare questo spazio per esprimere i propri pensieri o sfogare le proprie emozioni parlando del Lecce e di tutto ciò che lo circonda. Per la maggior parte del tempo trascorso dal fischio finale di Lecce–Salernitana fino ad ora, ho pensato che la migliore arma per “difendersi” da eventi che provocano una forma di intima sofferenza a tifosi come il sottoscritto potesse essere il silenzio ma poi, come spesso accade, ho deciso di provare ad esprimere ciò che penso, sempre nel rispetto di tutti e sempre senza cercare di urtare la suscettibilità di nessuno, con la convinzione che confrontarsi in maniera civile sia sempre la strada migliore alla risoluzione di ogni problema.

Appare inutile fare come gli struzzi e nascondere la testa sotto la sabbia: a Lecce abbiamo un problema importante, che sta rischiando di rompere tutto quanto di buono era stato faticosamente costruito nel tempo e con sofferenza, una questione che se non vedrà un cambio di rotta potrà creare complicazioni ambientali serie, tali da mettere in difficoltà anche la rincorsa al risultato sportivo.

Sono quasi certo per esempio, che se domenica il “Via del Mare” fosse rimasto formato “bolgia” fino al 90° minuto, la Salernitana avrebbe avuto qualche difficoltà in più per riacciuffare il pareggio, perché conosco troppo bene l’effetto che fanno a chi è in campo il calore ed il colore del nostro tempio e so quanto calzi a pennello la definizione di “dodicesimo uomo in campo” quando si parla del tifo giallorosso e della Curva Nord in particolare.

Attenzione, però: la mia non è un’accusa e non credo che qualcuno sugli spalti abbia la colpa del risultato finale sul campo, bensì è solo una considerazione sul fatto che un clima disteso sia sicuramente di aiuto per chi si trova a lottare sul prato verde. Detto questo, è inutile nascondere che questa triste storia, arrivata come un fulmine su un cielo che doveva e poteva essere solo sereno per quanto accaduto il 29 aprile, nasconde una serie di errori, superficialità ed esasperazione bipartisan che, se non viene risolto in fretta, non potrà portare a nulla di buono.

È indubbio che l’operazione di mercato portata a termine a suo tempo sia stata condotta trascurando tutto ciò che avrebbe potuto comportare, nonostante il caso-Strambelli avesse più o meno insegnato che Lecce è una piazza passionale e calda, sia in positivo (tanto), che in negativo (a volte). Chiaro, ovviamente, che una società ha il diritto di fare la proprie scelte in comune accordo con chi siede sulla panchina ed anche le valutazioni economiche del caso sono assolutamente prioritarie, soprattutto quando parliamo di un gruppo di persone che sta facendo salti mortali per fare dell’U.S. Lecce una delle più belle realtà nel difficile panorama calcistico nazionale, ma è altrettanto scontato dire che non trattandosi di Cristiano Ronaldo forse tutto questo si poteva evitare.

D’altro canto, non si può tornare indietro e sinceramente credo che i nostri dirigenti in qualche modo abbiano pure provato a porre rimedio, trovando però delle difficoltà e senza dimenticare che, in un momento in cui ci si regge su equilibri economico – finanziari sottilissimi, non si può rischiare di provocarsi autonomamente un danno da “bilancio”, oltre alla variabile non trascurabile di esporsi al rischio di rendere scontento l’allenatore che dopo 6 anni ha avuto il grande merito di riportarti in Serie B.

Non vi è una soluzione facile al momento, ma forse spiegare pubblicamente, o almeno provare a farlo dopo quanto accaduto domenica sera, potrebbe essere un tentativo, un gesto, una assunzione di responsabilità che anche i più estremisti tra i supporters leccesi  potrebbero quantomeno apprezzare.

È altrettanto evidente però che anche continuare a contestare tutto e tutti ed andare incontro ad una guerra contro chi cerca di fare il meglio per ottenere i risultati sportivi sia deleterio e nocivo per il futuro di una maglia e di una squadra che amiamo e che per molti di noi è parte integrante della propria vita. Chi mi conosce sa quanto abbia rispetto degli Ultrà Lecce e di tutto ciò che hanno fatto e che fanno per portare il loro sostegno ai nostri colori, così come sa quanto conosca la loro lealtà e coerenza per ogni “battaglia” da portare avanti, valori apprezzabilissimi anche quando magari di quelle stesse battaglie non se ne condivida il contenuto.

Non esiste un Lecce senza il sostegno della Curva Nord, non esiste un “Via del Mare” senza l’assordante tifo di chi da sempre se ne assume oneri o onori in casa ed in trasferta laddove possibile ed al netto di divieti o restrizioni. Ciò però non mi impedisce di pensare che questa sia una battaglia nella quale non vince nessuno, una guerra fratricida dove ne usciamo sconfitti tutti.

Credo che nessun tifoso che abbia a cuore la maglia giallorossa abbia perdonato eventi che hanno ferito l’orgoglio di ognuno di noi; nessuno penso possa neanche immaginare poi di far finta che nulla sia accaduto e pensare solo che l’amore trionfa sempre, anche perché in questa storia di amorevole non c’è proprio nulla. Semplicemente credo che molti abbiano volontariamente e saggiamente deciso di mettere da parte la rabbia e di praticare la sempre costruttiva, soprattutto in certi casi, tattica dell’indifferenza.

Non è mio compito dare lezioni a nessuno, oppure suggerire cosa fare e neppure stavolta cadrò in stupide polemiche su chi è meno o più tifoso di qualcun altro; cerco solo di spiegare un punto di vista, secondo cui si può manifestare dissenso in mille forme, cercando però di incidere il meno possibile su quel che accade in campo perché convinto che, in 11 contro 11, il Lecce abbia potenzialità per battere chiunque, ma giocare col sostegno dei tifosi al “Via del Mare” o in trasferta sia assolutamente un fondamentale valore aggiunto da mettere sempre in conto.

Ho trovato una citazione che sembra calzare a pennello a quanto viviamo in questi giorni: “L’opposto dell’amore non è l’odio, l’opposto dell’amore è l’indifferenza. L’odio invece è davvero simile all’amore. Consumarsi per l’odio verso una persona equivale in fondo ad amarla dato che il tempo e l’intensità sono identici”. Io non amo chi ha deriso e denigrato il mio Lecce e per questo farò in modo, nel mio piccolo, che il bene della squadra (che invece amo davvero) sia più forte di chiunque provi direttamente o indirettamente a farle del male, riservandomi di concedere il mio perdono con i miei tempi e valutandone l’effettiva opportunità o necessità quanto lo riterrò giusto. Adesso conta solo il Lecce, perché il Lecce viene prima di tutto e tutti!

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