LECCE (di Italo Aromolo) – Che sia meglio arrivare ultimi ma con la schiena dritta e in sella la consapevolezza che tutto si è fatto secondo le regole è un ideale di sport e di calcio ampiamente diffuso nelle parole, ma assai meno nelle coscienze e nei fatti. Un connubio, quello tra lealtà economica, etica sportiva e i successi sul rettangolo verde, davvero difficile da attuare nello strangolatorio mondo del calcio dove l’oppressione di stipendi, contributi e tasse da pagare miete annualmente vittime eccellenti costringendo a dissesti finanziari o illeciti sportivi. La prossima Serie B ha già registrato il suono delle campane a morto per Bari e Cesena: i due blasonati club sono solo le ultime colonne crollate di un palazzo la cui instabilità e fragilità appare irrisolvibile se non avverrà una ricostruzione dalle fondamenta.

Dalla “fedina sportiva” delle attuali 20 squadre certe di partecipare alla Serie B emerge che oltre la metà, 12, sono andate incontro ad un fallimento nell’ultimo ventennio. Ci sono state parabole di grande risonanza nazionale come quella del Perugia, in bancarotta sotto la gestione Gaucci nel 2005 poco dopo il raggiungimento della qualificazione in Coppa Uefa, o del Venezia, abbandonato da Maurizio Zamparini nel 2005 ed andato in crack altre due volte tra il 2010 e il 2014.

A Cosenza nel baillame dei fallimenti si è visto davvero di tutto: scomparso dai professionisti nel 2003, il calcio cittadino si è sdoppiato in due società entrambe fallite dopo pochi anni; nel 2008 nasce il Cosenza Calcio 1914 ma, dopo soli tre anni di vita, viene escluso dai campionati professionisti per inadempienze finanziare. L’Ascoli è la squadra che ha dovuto scontare le maggiori penalizzazioni in classifica dal 1998 ad oggi: 22 punti di agonia culminati con la morte della società nel 2014, resa indolore dal passaggio del titolo sportivo alla neo-società fondata dal presidente Bellini che ha permesso di mantenere la categoria.

La Salernitana ha conosciuto la Terza Categoria nel 2005, mentre l’approdo di Benevento e Foggia agli attuali allori cadetti è passato dai naufragi economici che innescarono l’arrivo dei patron Vigorito per i campani (2005) e Sannella per i pugliesi (2009).

Nel Lecce, società storicamente illibata nel pagamento di stipendi, ritenute e contributi, l’onta è rappresentata dalla retrocessione per tentato illecito sportivo perpetrato dall’allora presidente Pierandrea Semeraro nel derby Bari-Lecce della stagione 2011/’12. Al contrario, Crotone, Cremonese e Brescia hanno spesso combattuto con bilanci in rosso accumulando rispettivamente 9 punti, 7 e 6 punti di penalizzazione negli ultimi venti campionati.

Sono soltanto quattro le società-modello che recentemente non hanno avuto alcun tipo di incontro funesto con gli organi federali: Cittadella, Livorno, Palermo e Hellas Verona. Se è vero che c’è una classifica di valori che supera ampiamente quella del campo e permette di camminare sempre a testa alta senza dover rinnegare il passato, potrebbero aver già vinto il campionato.

Commenti