La dott.ssa Daniela D'Anna
La dott.ssa Daniela D’Anna – Psicologa

LECCE – (di Daniela D’Anna) – Cassius Clay, alias Muhammad Alì, è andato via lasciando un segno indelebile nella storia dello sport, in particolare del pugilato, avendo rappresentato un’icona di vita vissuta secondo l’orgoglio razziale ed all’insegna di uno spirito indomito che gli è valso il rispetto di avversari e concittadini tutt’altro che inclini alla convivenza tra individui dal diverso colore della pelle. Non esitò ad abbracciare la fede islamica, scegliendo quel nome.

Divenuto obiettore di coscienza al momento di dover rispondere alla chiamata alle armi per andare in guerra nel Vietnam, perse così gli anni migliori della sua carriera pugilistica. Di lui è rimasto celebre il colpo inferto sul ring al suo avversario più famoso, ossia George Foreman, giunto diritto al contendente il titolo mondiale, ma che con Clay poi divenne grandissimo amico; insieme portarono l’espressione della boxe ai massimi livelli fin in Africa, nello Zaire, a Kinshasa con l’indimenticabile match che ebbe luogo nel 1974.

Col caratteristico sorriso beffardo stampato sul viso, da vero combattente ha cambiato il modo di stare e lottare sul ring. Cassius Clay ha fatto sognare non solo Roma, dove partecipò alle Olimpiadi del 1960, ma intere generazioni facendo leva sulla sua tecnica, la filosofia di vita e la sua scelta religiosa. Di sé amava dire: “Danzo come una farfalla e pungo come un’ape”. Un personaggio che si è distinto per la sua grande dignità professionale e una non comune capacità di convivenza con la malattia.

mohammed AlìNel suo spirito non c’è stato solo l’agonismo, ma un coacervo di talento e passione; cittadino di Louisville, nel Kentucky, ma in verità appartenente al mondo intero, nella strenua difesa dei diritti civili, Mohammed Alì rappresentò una sorta catarsi per le realtà razziali ed etniche che rappresentava e da cui fu idolatrato. L’ex campione del mondo dei pesi massimi Foreman parla di un tutt’uno quando si riferisce a sé, a Frazier e ad Alì: questa triade evoca tesi, antitesi e sintesi hegeliane nel senso che sarebbero idealmente inscindibili.

La vita per questa grande figura della boxe non è stata altro che uno svolgersi e dipanarsi, usando una metafora freudiana mutuata da “Al di là del principio del piacere”, di un inizio e di una fine contrassegnate da Eros e Thanatos, cioè da amore e distruzione, che si alternano a seconda degli eventi vissuti. Il compianto boxeur ha saputo confrontarsi tanto con il cittadino comune, quanto con personaggi di spessore della scena internazionale, ritagliandosi così un posto nella memoria non solo degli appassionati di pugilato.

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