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Le rovine del Tempio di Zeus (Agrigento)

LECCE (di Italo Aromolo) – Akragas, Esseneto… Vien da chiedersi da dove traggano origine tali termini in aperto contrasto con la tradizione di chiamare una società di calcio con il nome della città di appartenenza e il proprio stadio con quello di un presidente, o al massimo un calciatore, che ne ha fatto la storia. È un passato assai remoto quello a cui la società di Agrigento ha voluto rendere omaggio con le proprie denominazioni, un mondo di valori autentici che certamente non porta a sponsorizzazioni o entrate pubblicitarie, ma alla mera soddisfazione (scusate se è poco…) di veder onorate le proprie origini sociali, etniche e culturali. Parliamo dell’antica civiltà greca, che più di duemila anni fa ha colonizzato la penisola italica (ed in particolare quella sicula) debellando l’incuria dei barbari e facendola progredire con l’introduzione delle più elementari forme di vita civili, dall’organizzazione in città all’istituzione della democrazia.

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Lo stemma dell’Akragas: tre telamoni sorreggono le colonne del Tempio

Akragas è infatti il vecchio nome greco della città, fondata nel 580 a.C. nei pressi dell’omonimo fiume. È stata una delle più importanti potenze del mondo antico, politicamente influente grazie alla figura del tiranno Terone e artisticamente unica per i suoi templi in ordine dorico baciati dal sole (“La più bella città dei mortali” la definiva il poeta Pindaro). Oggi corrisponde alla Valle dei Templi e proprio ad un tempio greco richiama l’effige dello stemma della squadra: tre telamoni che sorreggono le colonne stanno a simboleggiare i prigionieri di guerra che iniziarono la costruzione del Tempio di Zeus, di cui ancor oggi si possono visitare le rovine.

Nel 416 a.C. l’atleta akragantino Esseneto, a cui oggi è intitolato lo stadio, partecipò ai Giochi Olimpici di Elèa vincendo lo “stadion”, specialità di corsa su un percorso di circa 190 metri. Si trattava della competizione più prestigiosa in cui il primo classificato era ritenuto trionfatore degli interi Giochi, oltre ad essere investito dell’incarico solenne di accendere il fuoco della manifestazione successiva. Esseneto la vinse per ben quattro edizioni di fila e il lustro sportivo che seppe dare alla città di Akragas lo rese un eroe senza precedenti: si racconta che al suo rientro in città fu aperto un varco murario mai attraversato da altri, dal quale il campione passò osannato da tutto il popolo e accompagnato da trecento bighe di cavalli bianchi.

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