Così non va: la salute degli italiani è sempre più a rischio a causa della precarietà economica che, divenuta ormai una condizione strutturale del Paese, incide sia sull’offerta dei servizi, sempre più sotto l’attacco della spending review, sia sul benessere psicofisico dell’individuo”. Ciò influisce particolarmente nell’aumento dei casi di tumori prevenibili: tra le donne, ad esempio, i nuovi casi di tumore al polmone, tra il 2003 e il 2013, sono aumentati del 17,7%, così come quello alla mammella che registra un incremento del 10,5%. Tra gli uomini l’incidenza del tumore al colon retto, nello stesso periodo, è aumentata del 6,5%.

Mentre gli stili di vita sbagliati fanno aumentare il numero di italiani in sovrappeso, con il 45,8% degli over 18 in eccesso ponderale. A fare le spese di questo peggioramento del quadro epidemiologico sono soprattutto le regioni del Mezzogiorno. Questo quanto emerge dalla dodicesima edizione del Rapporto Osservasalute (2014), l’analisi dello stato di salute della popolazione e della qualita’ dell’assistenza sanitaria nelle Regioni italiane, presentata oggi a Roma all’università Cattolica e pubblicata dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, coordinato da Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di Sanità pubblica dell’università Cattolica – Policlinico Gemelli di Roma.

“Di risorse destinate alla prevenzione rischiano di far vacillare la salute degli italiani -si legge nel Rapporto- già sotto l’attacco della congiuntura economica negativa che sta colpendo ormai da anni anche il nostro paese: la precarieta’ che sta ormai divenendo una condizione strutturale mette a rischio la tenuta dei servizi sanitari offerti ai cittadini e anche la salute reale e percepita degli individui (sempre più numerosi sono gli studi che dimostrano ad esempio che essere lavoratori precari mina il benessere psicofisico della persona)“.

Per il Rapporto 2014Restano quelli di sempre i punti deboli della salute degli italiani, sintetizzabili nei pessimi stili di vita che restano tali, probabilmente anche in correlazione a condizioni di vita sempre più precarie e difficili nel quotidiano. Un dato esemplificativo tra tutti –si legge-, la sedentarietà che aumenta in maniera significativa per entrambi i generi: da 34,6% a 36,2% negli uomini e da 43,5% a 45,8% nelle donne. E’ però sempre più urgente incentivare l’offerta di servizi di prevenzione e di politiche socio-sanitarie ad hoc che riducano la probabilità dei cittadini di ammalarsi e fronteggino i bisogni sanitari di una popolazione sempre più anziana, con l’insorgenza sempre maggiore di più malattie croniche (comorbilit) nello stesso individuo”.

Tutto ciò anche se, sempre secondo il Rapporto 2014 di Osservasalute -nell’ultimo decennio è “migliorato lo stato di salute degli italiani che risulta complessivamente buono, con un aumento, nei 10 anni trascorsi, della speranza di vita per entrambi i generi (passata dal 2002 al 2012 per gli uomini da 77,2 a 79,6 anni e per le donne da 83,0 a 84,4 anni) ed una diminuzione del tasso di mortalità infantile, pur con differenze non da poco tra Nord e Sud (nel 2011 il tasso di mortalità infantile è stato di 3,1 morti per mille nati vivi, in diminuzione rispetto al 2006 in cui era di 3,4; si noti però che un nato residente nel Meridione ha una probabilita’ di morire nel primo anno di vita 1,3 volte superiore rispetto a uno residente al Centro e 1,4 volte superiore rispetto a uno residente al Nord).

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