mosca 300
Questa è Lecce (fotomontaggio Matteo Bardoscia)

LECCE (di Massimiliano Cassone) – La Lega Pro è un campionato difficile, ispido, assolutamente non bellissimo; è un torneo nato per dar visibilità ai giovani ma è diventato teatro di vere e proprie battaglie che col bel gioco del calcio hanno poco a che fare. Sportellate a centrocampo, squadre che difendono in 10 dietro la linea della palla, arbitraggi il più delle volte insufficienti, terreni di gioco che sembrano più dei campi di patate e, oltretutto, di dimensioni ridotte. Un pugno nell’occhio ed un graffio all’anima per chi era abituato come il Lecce ed i propri tifosi a calcare ben altri palcoscenici. Ambientarsi è stato difficile, ma oggi sembra che il Lecce, vedendo anche la vittoria sull’Aversa, abbia capito cos’è la Lega Pro. Dopo la sconfitta di Messina c’è stata la svolta nella testa dei giallorossi, tutti insieme consapevoli di aver toccato il fondo si sono ritrovati di fronte alla realtà che bisognava sterzare nella direzione della “grinta”.

Il Lecce di queste ultime settimane sa soffrire, tiene tutti col fiato sospeso fino al 95° ma vince e lo fa da squadra. Ad Aversa, ad esempio, nonostante la noia dettata dalle aspettative sempre enormi che tutti hanno sull’armata guidata da Lerda, i giallorossi hanno creato molto, potevano segnare più gol e il portiere Forte è stato, come spesso accade alle squadre che incontrano il Lecce, il migliore in campo dei suoi; questo vorrà pure dire qualcosa. Poi si sa, il calcio è così, se Moscardelli non avesse inventato quella magia, quel tocco d’alta scuola, quella perla colorata d’immenso, oggi staremmo parlando d’altro. Il “bomber” per antonomasia seppur in carriera non abbia segnato caterve di gol, ma che incarna la figura del bomber per stile, piglio, presenza e carisma, ha timbrato il cartellino dell’attenzione dei tifosi, ed in “barba” a tutti si è regalato un posto in importante nel cuore dei tifosi giallorossi, scardinando anche le certezze dei più scettici, che erano dure come pietre ma si sono sgretolate a botte di prodezze. E se qualcuno fino a qualche domenica fa, non sapendo a cosa appigliarsi per criticare il barbuto, consigliava di farsi meno selfie coi tifosi e di pensare più a giocare, oggi è proprio quel “qualcuno” che chiede la foto all’ex Bologna. E lui gongola sotto quello scudo di peli che lo rende unico. E il grido dopo il suo gol, verso i suoi tifosi, è da incorniciare. È stato un urlo liberatorio, identitario, come a voler dire: “Questi siamo noi, ecco il Lecce”. Così, per parafrasare l’attore Gerard Butler che interpreta Re Leonida nel kolossal “300” del regista Zack Snyder, Moscardelli sembra gridare a tutti quanti e non solo in casa ma ora anche in trasferta: Questa è Lecce.

Questa è la mentalità giusta per far innamorare i tifosi più tiepidi e riportare la gente allo stadio perché il calcio, laddove non può essere spettacolare, deve essere sudato, sofferto, combattuto. Che si vinca o che si perda, quando in campo si lascia anche l’anima, conta poco il risultato. Nessuno darà mai la certezza ai tifosi, alla società, al mister ed alla squadra che si vincerà il campionato, ma tutti ora abbiamo la consapevolezza che questo gruppo lotterà fino alla fine e lo farà con la grinta di tutti e col motto caro a Fabrizio Miccoli: “Cu llu sangu all’ecchi” e con la consapevolezza rappresentata dal grido di Moscardelli; ora hanno avvisato tutti, “Questa è Lecce”.

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