Leccezionale Mondiale 2014LECCE (di Italo Aromolo) – Passerà alla storia come il Mondiale della crisi economica, dei due papi, del mondo in guerra e dei giovani senza lavoro. Passerà alla storia – si spera – anche e soprattutto per quanto ci farà ammirare in campo tra parate di stelle, giocate da campioni e cornici di pubblico mozzafiato. E’ Brasile 2014 e manca poco più di un mese perché abbia inizio: presentiamo quella che sarà la ventesima edizione dei campionati mondiali di calcio tra stadi, città e tanto altro.

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Il Maracanà

Stadi e città: tra le 12 stelle brilla il Maracanã di Rio De Janeiro. Come tutti i paesi in via di sviluppo, anche il Brasile è il regno degli ossimori: tra le guerriglie spartane delle favelas e i salotti di gentelmen che si spartiscono il mondo in cima a un grattacielo, le sue sono città piene di contraddizioni, in cui si intrecciano nello stesso quartiere la ricchezza delle classi elitarie e la povertà della stra-grande maggioranza della popolazione. Emblematico di questo scenario dalle mille sfaccettature è la megalopoli di Rio De Janeiro: all’ombra del Cristo Redentor è in atto una sorta di guerra clandestina tra polizia e trafficanti di droga che sta destando non poche preoccupazioni in vista della finale ospitata proprio dal più illustre degli impianti carioca, quel Maracanã appena messo a nuovo con una capienza di 80mila posti. Il palcoscenico inaugurale della kermesse sarà invece l’Arena Corinthias di San Paolo: la più popolosa città sudamericana, culla di una colonia di italiani e non a caso patria latino-americana della pizza, è in netto ritardo all’appuntamento col mondo, visto che, tra le tante irritazioni della Fifa, il suo impianto non sarà omologato prima di fine maggio. Costruita a tavolino nel secondo dopoguerra nel bel mezzo della foresta Amazzonica, la capitale Brasilia è sede di un altro gioiellino da 70mila posti come il Manè Garrincha, stadio dedicato alla storia ala verdeoro protagonista del doppio trionfo brasileiro ai Mondiali in Svezia (1958) e in Cile (1962). L’Italia farà il suo esordio nella furutistica Arena Amazonia di Manaus, città dell’entroterra ben nota per essere la capitale mondiale dell’afa, con un’umidità perennemente superiore all’80% e una tempertaura che il giorno della gara potrebbe ribollire fino ai 35 gradi. E’ la cuccagna della criminalità Salvador De Bahia, 14esima città al mondo per tasso di omicidi: qui, a pochi passi dal centro storico Pelourinho (patrimonio dell’UNESCO per le sue caratteristiche case multicolori), sorgono le mura dell’Arena Forte Nova, indubbiamente il più collaudato degli impianti brasiliani (e non potrebbe essere altrimenti visti gli oltre 250 euro spesi per ristrutturarlo). I tifosi azzurri che vorrano sostenere i propri beniamini nelle ultime due partite del girone non potranno rinunciare a una giornata da turisti tra i fiumi e i ponti della antichissima Recife (non a caso definita la Venezia brasiliana) o tra le chilometriche dune di una Natal così chiamata proprio perché fondata il 25 dicembre del 1599. “Fortezza!” è il nomen omen di origine portoghese di Fortaleza, la più a nord delle dodici metropoli: sarà lo stadio Castelão (dove il Brasile ospiterà il Messico) il fortino verdeoro in una città che fa della cattedrale gotica, delle numerose spiaggie popolate no-stop da disco-pub e del parco acquatico più grande dell’America Latina le sue principali attrazioni. Agli antipodi di Fortaleza sorge lo stadio Beira-Rio di Porto Alegre,  atipica città di montagna celebre in tutto il mondo per il suo piatto tipico a base di carne alla brace, il churrasco, e per la quantità 10335689_10202910303312244_1249579357_nindustriale di vino esportata (ma soprattutto consumata) dai suoi 4 milioni di abitanti. Belo Horizonte, anch’essa città d’altura, si merita il nomignolo di “Lecce del Brasile”: il fascino della sua architettura barocca si accompagna ad un’esponenziale sviluppo in ambito economico che ha portato a mettere radici nella città che ha dato i natali all’attuale premier brasiliano Dilma Roussef anche importanti multinazionali come la Google. 55 metri quadrati di spazi verdi a persona per essere il polmone del Brasile: parliamo di Curitiba, icona mondiale di ecosostenibilità e crogiolo di culture per le corpose colonie di tedeschi, italiani, polacchi e ucraini; attorno alla sua Arena De Baixada è montata una polemica con la Fifa sia per il ritardo nei lavori di ultimazione (che ne paventavano l’esclusione dalla competizione) che per l’esiguo numero di partite (soltanto 3) che la federazione internazionale ha deciso di farvi disputare. L’ultima capitale, Cuiabà,  è anche la più piccola e la meno estesa: con appena 550.000 abitanti, si fa apprezzare soprattutto per le sue bellezze naturalistiche come le cascate Cachoeirinhas e i canyon della foresta di Chapada.Il fatto che la sua Arena Pantanal si trovi a poco meno di 2000 metri dal centro cittadino rende l’idea di come Cuiabà sia perfettamente a misura d’uomo.

10312082_10202910281711704_92307478_nI simboli: un calcio a Brazuca tra le tre mani verdeoro di Ispiration. Il logo ufficiale di Brasile 2014 sintetizza da solo quello spirito interculturale di incontro e confronto che è giusto sia alla base di una manifestazione di tale importanza planetaria: in “Ispiration” (così è stato ribattezzato dall’agenzia ideatrice) tre mani dal colore verde-oro convergono per alzare al cielo la coppa più ambita al mondo.

Un vero e proprio cult del Mondiale brasiliano sarà anche il pallone Brazuca, acclamato erede del suo imprevedibile cugino sudafricano Jabulani. Prodotto dalla Adidas in classico colore bianco con lingue di verde, rosso e blu, è stato scientificamente testato come impeccabile dal punto di vista della regolarità della traiettoria: il segreto di Brazuca consiste in un minor numero di pannelli, appena 6, che ne stabilizzano l’andatura grazie anche a delle cuciture particolarmente profonde.

La musica: “We are one” e le caxirolas per un mondiale antirazzista. La patria della samba non poteva che dar vita a un Mondiale al ritmo di musica, a partire dall’inno ufficiale: cantato dal rapper statunitense Pitbull e dall’attrice costaricana Jennifel Lopez, “We Are One” vuole urlare al mondo un messaggio antirazzista di unione e fratellanza attraverso le parole del ritornello: “Mostrate al mondo da dove venite, mostrate al mondo che siamo una sola cosa”.
Brasile 2014 sarà scandito anche dalle percussioni delle caxirolas, strumenti simil-maracas ideati ad hoc in risposta alle fastidiosissime vuvuzelas sudafricane: tuttavia la polizia brasiliana ne ha recentemente proibito l’uso all’interno degli stadi, a seguito di un grottesco episodio passato alla storia come “la rivolta delle caxirolas” (al quinto gol degli avversarsi in un derby Bahia-Vitoria, i tifosi locali le hanno lanciate in massa verso il campo in segno di protesta).

Di seguito il video dll’inno presente su you tube:

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