LECCE (di Antonio Greco) – Mister Lerda esordisce così in sala stampa nel post-match: “Non ho nulla da amputare ai miei ragazzi”. Anche perché già con due piedi i giallorossi lasciano a desiderare… Semmai ci vorrebbe il caro, vecchio Feola, refrain dei tifosi anni Settanta-Ottanta quando prendevano di mira lo scarparo di turno. Franco Lerda è sereno. Beato lui. Il punticino conquistato con il Gubbio al “Via del Mare” è un brodino indigesto per chi ama la maglia. Parliamo dei tifosi, ovviamente. Quelli che oramai vivono di ricordi. Come quel tale che indossa la maglia che fu di Giannini. Ma del Principe (e di sangue blu) non v’è traccia. Solo un manipolo di pedatori che corrono, nemmeno troppo allegramente, dietro ad un pallone. Senza idee e senza costrutto. Manca un 10. Anzi, manca un 9. E anche un 8, un 7, un 5. Ok, manca una squadra.

Una volta la formazione umbra rappresentava solo un tranquillo sparring partner estivo. Si andava lì a fare una scampagnata. Si tornava a casa con qualche grappolo di reti dopo aver domato questi ex pseudo-dilettanti. Sono passati anni luce. Nemmeno un giro di lancette per capire che il mondo pallonaro è cambiato: tiro dalla lunetta a colpo sicuro. Perucchini impietrito. Gelo sul Via del Mare. Palla che sibila ma non fa male. Pericolo scampato. Due minuti più tardi, un cross sbatte sulla traversa. Gubbio in cattedra, Lecce in bambola. A centrocampo, gli umbri mettono un dobermann, Boisfer, collo taurino alla Tyson, mastino d’altri tempi: palla o gambe, poco importa. Spezza il gioco e rilancia. Sulla gradinate c’è chi impreca e chi si strappa i capelli, chi prende la pillola per la pressione e chi, per sbaglio, ingoia quella blu. Gli steward cominciano a guardare in cagnesco gli spettatori. Per sicurezza indossano un caschetto giallo prestatogli dagli operai dell’Ilva.

Lerda non si scompone. D’altronde, come potrebbe? Ha speso una cifra per acquistare un bel completo giacca e cravatta, regalando alla Caritas felpa e pantacollant scovati in un bugigattolo di Cuneo. Sussulto giallorosso al 19′: Lopez spara in curva. Perucchini è un ragazzo bucolico, ammira il paesaggio e parla agli uccelli come San Francesco. Nelle pause fa anche il portiere di calcio. Al 23′ un boato: il Lecce conquista un calcio d’angolo. Un minuto dopo, Lopez finisce a terra: rigorino. Batte l’uruguaiano. Ribatte l’uruguaiano. E la palla, finalmente, entra. Alleluia, alleluia. Uno a zero. Al 28′ contropiede giallorosso, ma D’Ambrosio è timido e non tira. Poi riecco armadio-Amodio. Una pantegana uscita dall’Axa: a fine primo tempo ritira un paio di giocatori ingombranti e li riporta in deposito.

Al 30′ Sacilotto si sente Quagliarella e spara una bordata da 40 metri respinta dal numero uno umbro. Ma l’arbitro dà retta al suo assistente, il cieco di Sorrento, un uomo sulla cinquantina in odor di pensione: niente angolo. Ma l’altro suo omologo, il figurino con la bandierina gialla ci vede eccome al 40′ quando Salvi, colpito da raptus, si ricorda dei suoi trascorsi da portiere all’oratorio don Bosco, e tocca la palla con la mano. Protesta ma non per il rigore, ma solo perché voleva tornare a giocare con i sui amichetti “balilla“. Sul dischetto è un gioco da ragazzi per Ferrari mettere la palla in rete, anche perché Perucchini si tuffa un quarto d’ora prima del fischio.

Nell’intervallo c’è chi confonde Maroni con Moroni, la Lega con la Dc e il Lecce con il Gubbio…

Lerda nella ripresa mischia le carte invece di cambiare mazzo: prima entra Papini per Sacilotto, poi Zigoni per Doumbia. Al 15° piroetta di Beretta. L’attaccante si avvita su se stesso prima di essere abbattuto senza pietà da un cacciatore umbro. Punizione: il solito Lopez sferra un fendente ma non inganna il portiere avversario. Alla Est succede di tutto. Insulti a raffica: “Gay (è un eufemismo…), vai a zappare!” Omosessuali e contadini pronti alla querela. Altro che discriminazione territoriale. La gente zittisce l’ultrà della domenica per paura della squalifica del campo o del solo Crescent. Il presidente Tesoro, invece, comincia a gongolare. “Magari”, dice in cuor suo. Gli steward si toccano gli attributi: “Vuoi vedere che ci lasciano a casa alla prossima gara casalinga”?

Al 21′ riecco il Gubbio con una punizione insidiosa battuta da Bartolucci. Poi riappare Nervoso-D’Ambrosio con uno spiovente che sfiora un 747 dell’Alitalia, costretto ad atterrare al Lecce-Lepore perché a corto di carburante.

Al 27′ entra Bogliacino per l’extraterrestre Salvi. Qualche minuto dopo una bomba-carta scuote lo stadio. Multa in arrivo. Colpo al cuore per Tesoro che rinsavisce subito con una sortita delle sue: giocatori con auto propria per la doppia trasferta di Barletta e Ascoli. L’altoparlante avverte: “E’ severamente vietato introdurre giocatori buoni al Via del Mare”…

Al 34′ sguscia via il 7 eugubino che sfiora il palo alla destra di Perucchini. L’assalto all’arma bianca non produce nulla. Al 37′ Papini si alza tre metri sopra il cielo ma non basta. Bogliacino accende la luce, ma gli attaccanti la spengono: le bollette sono rimaste inevase. Beretta si imbottiglia in area come un tir sulla Bologna-Firenze a Ferragosto. Fine della fiera. Fischi e pernacchie. No Lecce, così non va…

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